Il mestiere di tradurre – una chiacchierata con Anna Mioni (2/2)

La nascita del traduttore
La nascita del traduttore

Ecco la seconda parte della chiacchierata iniziata due giorni fa con la traduttrice professionista Anna Mioni. Nella prima parte, si era parlato di come Anna si sia avvicinata al mondo delle traduzioni, dei rapporti tra editori, autori e traduttori, e degli aspetti legati alla professione del traduttore – aspetti che, per certi versi, si sono rivelati non sempre semplici.

In questa seconda e ultima parte, Anna descrive come avviene concretamente la traduzione di un libro (che varia da traduttore a traduttore), dei libri amati (e di quelli odiati), dell’agenzia letteraria che Anna ha aperto recentemente, e infine del Salone del Libro 2013.

Domani, salvo imprevisti, parleremo di editoria digitale con il direttore di una casa editrice che da circa due anni si muove, con un certo successo, nel mercato degli ebook.

Grafemi: Come avviene, concretamente, la traduzione di un libro? Lo leggi dall’inizio alla fine e poi inizi a tradurlo dalla prima pagina, o lo traduci come un lettore che scopre la storia una pagina dopo l’altra?

 Anna Mioni: Non esiste un metodo univoco per tradurre un libro, l’importante è il risultato finale. Quindi, ognuno traduce a modo suo: c’è chi fa una prima stesura molto grezza, riservandosi di intervenire una seconda e una terza volta per chiarire i dubbi e sgrezzare i significati, e chi come me cerca di avere una prima stesura che sia il più possibile esente da dubbi, per dover curare solo la correttezza stilistica durante la rilettura. All’inizio della carriera avevo spesso il tempo di leggere per intero un libro prima di iniziare a tradurlo, ora che lavoro con tempi sempre più serrati questo è praticamente impossibile. Inoltre, con il tempo ho scoperto che è meglio non conoscere a fondo tutto il libro quando si inizia a tradurlo, perché si rischia di esplicitare per il lettore italiano quello che l’autore ha voluto lasciare espressamente sottinteso. In ogni caso, con l’ultima rilettura si riesce a rivedere tutto il libro guardandolo in modo unitario.

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 G: Ci sono libri che hai odiato tradurre? Non servono i titoli: mi piacerebbe solo capire cosa può rendere pesante la traduzione di un libro – la lingua? La storia? E viceversa, ci sono stati dei libri la cui traduzione ti ha entusiasmato? In questo caso, possiamo citare dei titoli?

 AM: I libri che odio tradurre sono quelli che vengono scelti dall’editore solo per la trama o perché appartengono a un filone “di moda”: spesso sono scritti talmente male che l’editore si aspetta che sia tu a riscriverli in un italiano accettabile. È un lavoro che va bene per quei traduttori che si sentono scrittori mancati, non per una come me che non ha alcuna velleità autoriale se non quella di essere il più fedele possibile alle intenzioni originarie dell’autore. Ragion per cui, per onestà cerco di non accettare incarichi di quel tipo. L’ho fatto quand’ero un’esordiente, ma ora cerco di evitarlo.

Tom McCarthy - C
Tom McCarthy – C

I libri che ho amato di più tradurre sono quelli con una lingua ricca e stimolante, e uno stile unico che ho dovuto riprodurre in italiano cercando risultati altrettanto creativi. Sono le fatiche più esaltanti per un traduttore. Esempi: l’ironia newyorkese di Sam Lipsyte (tre libri per minimum fax; presto mi metterò al lavoro sul quarto), l’avanguardia modernista di Tom McCarthy (tre romanzi tradotti, di cui l’ultimo, C, appena uscito per i tipi di Bompiani), le sperimentazioni linguistiche di Jon McGregor. Una delle sfide più interessanti è stata quella di rendere in italiano gli scritti del critico rock e gonzo journalist americano Lester Bangs, finora ritenuto intraducibile, che con la sua lingua pirotecnica e le sue recensioni originalissime ha dato forma al linguaggio della critica rock moderna. Non a caso, i suoi libri sono diventati dei long seller anche nella versione italiana.

 G: Hai voglia di parlare della tua Agenzia Letteraria? Come funziona, che tipo di servizi offre?

AM: Per approfondimenti rimando al nostro sito, dove vengono esposti tutti i servizi dell’agenzia. Ho scelto di avere una presenza forte su internet e sui social network, contrariamente alle agenzie italiane vecchio stile, proprio per sottolineare il desiderio di lavorare in un modo diverso. La mia esperienza all’interno delle case editrici come editor e ufficio diritti mi ha fatto riflettere seriamente sugli aspetti di questa professione che secondo me si potevano migliorare: nel ventaglio di prestazioni che offriamo c’è un occhio di riguardo alla modernità, nella consapevolezza che non si può più lavorare nell’editoria ignorando i profondi cambiamenti apportati dal digitale, che non è “il nemico”, ma per esempio può offrire nuove possibilità per ridare vita ai libri che ora per problemi di distribuzione non trovano visibilità sugli scaffali.

Un'anteprima del sito
Un’anteprima del sito

Il servizio più innovativo dell’agenzia è l’assistenza nel percorso di auto-pubblicazione per gli autori che non vogliono più aspettare mesi prima di ricevere la risposta di un editore, con i tempi rallentati imposti dalla crisi del settore. Cominciano ora a uscire i primi e-book di cui abbiamo curato l’editing, offrendo agli autori quel servizio di filtro e di cura professionale che di solito si trova all’interno delle redazioni, e ottenendo così un prodotto finale sempre più simile a quelli proposti da una casa editrice, ma con modi più snelli e tempi più rapidi.

Non ci occupiamo solo di rappresentanza di autori italiani e stranieri, e di lettura e valutazione di manoscritti, ma offriamo anche servizi di editing per gli autori che vogliono rimaneggiare a fondo la propria opera con l’aiuto di un professionista, di fact checking e tutoraggio per chi ha bisogno di verifiche o di essere accompagnato passo passo nella stesura del proprio romanzo.

Offro anche i miei servizi di traduzione letteraria, ma non sono un’agenzia di traduzione, che è una cosa ben diversa: sono solo un’agente letteraria che è anche traduttrice, ma non smisto lavoro ad altri colleghi come fanno le agenzie.

G: Quest’anno andrai al Salone del Libro? Pensi che sia ancora un evento imperdibile?

AM: Ci andrò anche quest’anno come sempre da più di dieci anni a questa parte: è la manifestazione più importante d’Italia, che ogni anno si conferma tale.

Per chi lavora nell’editoria a tempo pieno è il luogo dove tutti gli specialisti del settore si incontrano per ben cinque giorni e dove si svolgono numerosi dibattiti sul mondo editoriale, tra cui anche gli appuntamenti dedicati ai traduttori con il format L’autore invisibile, di cui sarò ospite quest’anno.

Salone-del-Libro-2013-Torino
Al Salone del Libro

Un particolare ignoto al grande pubblico ma molto importante per gli addetti ai lavori è che da qualche anno c’è una sezione a parte dedicata allo scambio di diritti, l’IBF, dove si svolgono incontri e trattative non-stop tra editori e agenti di tutto il mondo, come nelle grandi fiere internazionali. Quindi a livello di incontri e di aggiornamento professionale si tratta di un evento imperdibile.

Se dovessi ragionare come semplice lettrice, in confronto ad altre fiere Torino è sicuramente dedicata a un pubblico più ampio: si dà molto spazio agli autori o a star dello sport e della TV. Ha senso una visita per vedere gli stand degli editori più piccoli che hanno meno visibilità in libreria:  spesso sono presenti di persona allo stand e si può parlare di libri con loro. Gli stand dei grandi gruppi si presentano più come vetrine espositive di tutta la loro produzione, ma per avere un dialogo diverso con i lettori bisognerebbe forse offrire spazi più intimi e differenziati, meno simili alle librerie di catena.

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Per chiudere la chiacchierata, “rubo” dal sito di Anna Mioni questa bellissima striscia di Quino, tradotta da Anna stessa, dove Mafalda e Libertà parlano di traduzioni – mi sembra il modo migliore di concludere!

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Per comodità, riporto la versione PDF della chiacchierata fatta:  Il mestiere di tradurre – Anna Mioni

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