Un corso di scrittura?

Una delle domande che mi capita di sentire abbastanza spesso, durante le presentazioni di autori (l’ultima volta a Martin Amis, a Pordenone) è:  i corsi di scrittura servono a qualcosa? Credo che per rispondere sia necessario dettagliare meglio la domanda. Quali sono gli obiettivi? Cosa ci si aspetta da un corso di scrittura? In che modo una persona con un po’ di esperienza nel campo della scrittura può aiutare altre persone a scrivere un buon testo? Attraverso quali strumenti?

Nella primavera del 2012 ho tenuto un corso di scrittura con Simona Castiglione, scrittrice catanese trapiantata a Padova. Perché c’erano due “docenti”? Perché l’idea che ci stava sotto era proprio quella di proporre due visioni della scrittura che fossero opposte sotto molti aspetti; i partecipanti avrebbero potuto valutare due approcci differenti e scegliere, quindi, la propria strada. Come è andata? Dovrebbero dirlo le persone che hanno partecipato a quegli incontri, ma credo che nel complesso il risultato sia stato buono.

Tra gennaio e giugno del 2013, ho avuto la possibilità di andare in una scuola, un Liceo Tecnologico, a parlare di scrittura con i ragazzi, all’interno del progetto Scuola Twain. L’esperienza è stata molto istruttiva, e sicuramente la ripeterò anche quest’anno.

Uno degli aspetti che mi sono sembrati più interessante è stato lo scambio di pareri con i “corsisti” attorno ai loro testi – una pratica che assomiglia a quella che consente a un autore e al suo editor di arrivare al risultato finale che, nella maggior parte dei casi, esalta le caratteristiche migliori di chi scrive (Michela Murgia diceva che l’editing è come andare dal dentista: esci che i denti sono ancora i tuoi, ma non sono mai stati così bianchi). Non solo: spesso chi scrive, e “subisce” un processo di editing, arriva a una consapevolezza che prima non aveva. Capisce quali sono i propri punti di forza, e i difetti che possono compromettere la qualità di un racconto.

Tutto questo, però, richiede tempo: serve tempo per ideare un racconto, tempo per scriverlo, tempo per leggere i suggerimenti e farli propri – oppure rifiutarli. Evolvere. Arrabbiarsi difendendo un aggettivo. Leggere, cambiare idea, tornare sui propri passi. Imparare dagli altri partecipanti. Ascoltare.

Quindi: confronto sui propri testi, e tempi lunghi. Poi, letture capaci di evidenziare alcuni aspetti interessanti, e talvolta trascurati. Un po’ di consigli. Una condivisione profonda delle proprie idee. Sembra il programma di un corso, no? E allora ci provo, a modo mio. Un incontro da tre ore al mese, sempre di sabato, da novembre a maggio, con aprile di vacanza, scambi di mail, curiose analisi dei testi. letture ad alta voce, in un ambiente caldo e accogliente dalle parti di Corso Milano, a Padova…  Una decina di persone in tutto, attorno a un tavolino con tè caldo e torta alle mele, a parlare di Carver, Flaubert, Fitzgerald, Cechov, O’Connor, Munro, Salinger e a leggere i nostri esperimenti.

Cliccando su questo link è possibile farsi un’idea di quello che ho pubblicato fino ad ora. Per qualsiasi informazione, il mio indirizzo è paolo.zardi[chiocciola]gmail.com. Nei prossimi giorni, butto giù un calendario con le date precise, e stabilisco, con l’associazione che mette a disposizione gli spazi, un prezzo.

Corso scrittura Zardi

29 commenti Aggiungi il tuo

  1. Sole ha detto:

    io attendo i dettagli di questa tua idea!
    E’ un mio desiderio farmi coinvolgere da un corso di scrittura…
    Ne avevo trovato uno, ogni giovedì qui a Treviso, eppure mi sembravano troppo vicini tutti i giovedì. Come poter elaborare le idee? Come conciliare il tempo dedicato al lavoro e alla propria vita privata, con la scrittura e contemporaneamente leggere libri, saggi, e documentarsi in esattamente sette giorni? Cosa potrei ricavarne, se non stress e confusione? Tutte queste domande mi attanagliavano di dubbi, e quindi c’ho rinunciato.

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    1. Paolo Zardi ha detto:

      Il problema che avevamo incontrato nel corso della primavera scorsa era proprio legato al tempo: gli esercizi, che sono un elemento indispensabile in un percorso che mira a migliorare la propria scrittura, potevano essere fatti in sette giorni. Tipicamente, i racconti arrivavano la sera prima del corso, tutti insieme, ed erano stati scritti tutti durante le ultime dodici ore; le correzioni, i consigli, erano scritti nel giro di poche ore, e di solito arrivavano ai partecipanti mezz’ora prima dell’incontro. Era difficile per i partecipanti, e impossibile per i “docenti”…. Qui ci sarà un mese tra un incontro e il successivo. Speriamo basti! 😉

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  2. silvia ha detto:

    “difendere un aggettivo” ….
    ricordo la prima volta che una rivista mi pubblicò un racconto.
    la persona che fece l’editing cambiò il mio “ventre” con “pancia”, dimostrando così che del racconto non aveva capito niente.

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    1. Paolo Zardi ha detto:

      Sono cose che succedono. L’importante è resistere! 😉
      ps io cerco sempre di difendere i miei punti e virgola, ma spesso con scarso successo…

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      1. amanda ha detto:

        i punti e virgola sono della boe, mai trascurarli!

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  3. massimocaccia ha detto:

    Forse servono a coloro che li organizzano! Non voglio essere drastico. Ne frequentai uno qualche anno fa organizzato dalla scuola dove insegno. Interessante. Buone idee, ma se non sai scrivere, non ti possono insegnare niente.
    Buona serata

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    1. Paolo Zardi ha detto:

      Nel 1914, Arthur Cravan, poeta e pugile inglese, scriveva:
      “Mi stupisco che qualche imbroglione non abbia ancora pensato di aprire una scuola di scrittura”.
      Capisco quindi la tua perplessità, e se non fossi convinto di poter offrire qualcosa di diverso da un “corso di scrittura”, non farei perdere tempo a nessuno. Quest’anno, prendendo permessi dal lavoro, ho incontrato (gratuitamente) gli studenti di un liceo fuori Padova, ho letto i loro racconti, ho dato tutti i suggerimenti che mi era possibile dare… E ho la presunzione di credere che a qualcuno di loro – non tutti, e neanche a molti: diciamo tre o quattro ragazzi – tutto questo abbia fatto bene. Che non sia stato inutile.

      Martin Amis, che è un indiscusso gigante della letteratura, durante la chiacchierata che c’è stata al Teatro Verdi di Pordenone, il 21 settembre scorso, ha risposto proprio a una domanda sui corsi di scrittura, dicendo che il talento non si può insegnare (neppure lui lo può fare!), ma che uno scambio, un confronto franco, sugli aspetti più tecnici della scrittura, può aiutare a farlo emergere. La penso così anch’io: avere qualcuno che legge le tue cose, e ti dice dove stai sbagliando, come potresti migliorare, che ti aiuta a capire come si individua una buona idea per un racconto, che ti consiglia onestamente, anche schiettamente, se serve, e concretamente, con pazienza, nel corso di tanti mesi, può essere di aiuto… Poi saranno i partecipanti a giudicare! 😉
      Buona serata anche a te,
      Paolo

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    1. Paolo Zardi ha detto:

      grazie! 😉

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  4. scatenolamente ha detto:

    io sto ancora cercando di capire se la scrittura può essere insegnata??? O__o
    sempre a catalogare, standardizzare, classificare, valutare TUTTO … ma come si fa mi chiedo anche ???
    -solo domande alle quali non riesco ancora (forse) a rispondere-

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    1. Paolo Zardi ha detto:

      Martin Amis sostiene che il talento non può essere insegnato, ma le tecniche di scrittura sì.
      Io credo che il confronto sia un aspetto necessario, nella scrittura. Esistono tanti modi per farlo. Mettersi attorno a un tavolo, con persone che hanno la stessa curiosità, e magari qualcuno che ha un po’ di esperienza, potrebbe essere uno di questi… 😉

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      1. scatenolamente ha detto:

        mmmm ci penserò ..
        post riflessivo, grazie 😉

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  5. marina sangiorgi ha detto:

    che bello, mi sa che vi divertirete! se fossi a Padova verrei…
    nella mia esperienza i corsi di scrittura servono perché c’è sempre, da chiunque, dappertutto, da imparare. approvo tutti gli autori citati, ma chi è Amro?

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    1. Paolo Zardi ha detto:

      Grazie Marina!
      La Amro è un refuso da domenica sera: intendevo Alice Munro. La Amro è una banca. Avrei bisogno di più di 48 ore per staccare dal mio lavoro! 😉 Grazie per la segnalazione!

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  6. Paolo ha detto:

    Avendo avuto la fortuna di partecipare a quel corso del 2012 di cui parla Paolo, non posso non ricordare con entusiasmo la spontanea dinamica che ha preso corpo in tutti gli incontri di quella serie fortunata. Più che un buon risultato, direi che il corso ha realizzato molte piccole magie i cui effetti si vedono ancor oggi sotto molte forme. E di tutti gli ingredienti che hanno portato alla comparsa della magia, io penso che la passione dei docenti sia stata l’elemento chiave. Passione che tutti i giorni, innegabilmente, vediamo qui manifestarsi in questo luogo d’incontro.

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    1. Paolo Zardi ha detto:

      Grazie Paolo, l’anno scorso si è creata una bella alchimia tra tutti i partecipanti, e il fatto che ci si ritrovi ancora, a distanza di più di un anno, a parlare di libri, lo dimostra!

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  7. marina sangiorgi ha detto:

    be’, comunque mettere anche una banca tra i riferimenti poteva avere una sua utilità… 🙂

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  8. giovanni ha detto:

    I corsi di scrittura oggi sono tutti a pagamento, alcuni arrivano a costare anche 3000 euro e mi sembra abbastanza chiaro che non servono a nulla. Se hanno un costo molto contenuto, non oltre i 150 euro, giusto per un rimborso spese nei confronti di chi li organizza, allora il discorso cambia. Uno scambio di idee su ciò che si scrive, su come può migliorare va anche bene, ma chi può essere davvero così obiettivo su un testo? Io a un corso di scrittura ho partecipato e mi hanno fregato 300 euro. Un corso con soli 3 allievi. Avremmo potuto imparare molto, metterci alla prova, essere “selezionati” dall’editore, ma non mi è sembrato essere nell’interesse di chi lo organizzò. Ci fu detto che avremmo dovuto scrivere a fine corso un racconto che magari sarebbe stato selezionato se piaceva per un’antologia che l’editore preparava. Ne avete saputo qualcosa voi? Io no. È stata un’esperienza da dimenticare completamente.
    Alcuni editori ne fanno un cavallo di battaglia, fanno corsi tutto l’anno. Per alcuni editori/scuole di scrittura creativa è un modo di batter cassa, perché, come dicevo, chiedono cifre da capogiro o ti spiegano poche cose inutili. E un’addetta ai lavori mi disse che si guadagna di più dall’insegnare a scrivere che da ciò che un editore pubblica.
    È chiaro che chi non conosce assolutamente i fondamenti della scrittura (climax, struttura della trama, dialoghi, ambientazione, ecc…) può anche trovarne beneficio, ma dipende sempre da chi organizza il corso, con quale fine, quanto costa e quanta serietà c’è e da cosa cerca chi partecipa al corso.

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    1. Paolo Zardi ha detto:

      Mi fanno piacere queste tue osservazioni, perché mi consentono di spiegare meglio il mio punto di vista…
      Per imparare a scrivere bene, bisogna scrivere tanto; i consigli migliori, le migliori lezioni, si ricevono sui propri testi. “Attenzione, i tuoi dialoghi sono faticosi” oppure “Esageri con la paratassi” oppure “Hai un’aggettivazione troppo pesante”; “leggi questi dialoghi di Ellis e dimmi che ne pensi”, “tira fuori tutti gli aggettivi usati da Carver in questo racconto e prova a scriverne uno usando solo questi”. Io immagino così lo scambio tra uno che scrive e uno che legge. E questo scambio deve avvenire per forza su casi concreti prodotti dai partecipanti, mese dopo mese. Nel caso specifico: sei incontri, (almeno) cinque racconti.

      Sull’aspetto economico, concordo: i prezzi sono spesso esagerati. Per quanto riguarda questo “corso” (lo metto sempre tra virgolette, perché immagino qualcosa di diverso), faccio due conti con l’associazione che mette a disposizione lo spazio, ma non credo che il prezzo finale, comprensivo di iscrizione all’associazione, supererà la cifra più bassa che hai scritto…

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  9. amanda ha detto:

    oh Paolo, sarebbe davvero bello, ma il sabato d’inverno, se c’è neve, si va di fondo su per l’altipiano ed è sacro, ed è la mia valvola di sfogo e tra la mia capacità di migliorare come scribacchina e la la mia possibilità di riossigenarmi dopo una settimana in mezzo a microbi e batteri, penso che la seconda sia quella che può dare i migliori frutti, quindi, a malincuore rinuncerò alla proposta molto allettante

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  10. Daniele ha detto:

    Aspettavo “con ansia” di consocere quando sarebbe partito il corso, spero di potervi partecipare e di riuscire, almeno per una volta, ad anteporre il piacere della cultura ai turni spesso meschini del mio lavoro…

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  11. Elle ha detto:

    L’idea esposta così è bella, ma anche io ho i miei dubbi sui corsi di scrittura (ne avevo frequentato uno online) e più in generale sui corsi. Da un lato stare da soli con l’insegnante (esperienza online) toglie la possibilità del confronto con altri allievi, altri tipi di creatività e fantasia, altri errori che per ora non si fanno, ma chissà, in futuro, potrebbero essere anche nostri (accanto al vantaggio, a tratti però noioso e pesante, di avere l’insegnante tutto per sé). Da un lato stare in una classe può portare ad una dispersione, perché come dici tu, ciò che conta è l’obiettivo, e seguire in aula l’obiettivo di ognuno, senza trascurare nessuno, e accettare il confronto, sì, ma anche su obiettivi altrui, è faticoso e si rischia di incentrarsi sugli obiettivi più interessanti, o su quelli di base (per iniziare) o su quelli della maggioranza. Faccio l’esempio del mio corso di tedesco (che non calza del tutto, perché un corso di lingua non insegna solo a scrivere e prevede quindi diverse competenze e diversi livelli): molti avevano come obiettivo l’esame per la certificazione, a me il tedesco serve invece per vivere, ma ho finito per pagare una preparazione ad un quiz che non farò mai. Se un corso di scrittura non fosse mirato alla pubblicazione (dico un obiettivo a caso), forse avrei di nuovo il coraggio di frequentarne uno.. per ora mi accontento di tutti i libri che ho comprato per i precedenti corsi, li leggo, cerco di metterli in pratica, scrivo, ma senza scadenze, quando mi va, quando mi fa piacere: non è professionale e forse non mi porterà a nulla, ma almeno conservo il piacere di scrivere (e ogni tanto miglioro un pochino).
    In ogni caso Padova mi verrebbe scomoda 😉

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  12. Nicola Losito ha detto:

    Una decina di anni fa partecipai a un corso di scrittura, ma avevo già prodotto una quindicina di racconti sulla mia infanzia che avevo raccolto in un libro. Quel corso mi fu molto utile – grazie a un’ottima insegnante – per migliorare, affinare il mio modo di scrivere. Avevo già un mio mondo narrativo, dovevo solo imparare certe tecniche specifiche sui dialoghi, sull’incipit e scoprire dei trucchi per coinvolgere di più il lettore. Chi invece partecipa a un corso di scrittura sperando di imparare a scrivere (e sono in tanti) commette un grosso sbaglio. Nessuno può insegnare a scrivere a chi non lo ha mai fatto. Le tecniche, i trucchetti che si imparano in un corso, in questo caso non servono a nulla. Servono solo a produrre illusioni e delusioni.
    Nicola

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  13. Zio Scriba ha detto:

    Conosco la tua meravigliosa passione e la tua buona fede, e so che interagire con te costituirebbe per qualsiasi allievo un’esperienza e un ricordo comunque positivo (vivessi da quelle parti mi ci iscriverei pure io!), e quindi, da nemico giurato dei corsi, mi riesce difficile intervenire. Per non ripetermi, provo ad aggiungere una cosa mai detta, e concepita adesso per te. Magari sarà una cazzata, ma ci provo.
    La Narrativa è forse l’unica forma d’Arte che ti permette il contatto intimo e totale con l’Artista, cioè (anche) col maestro, o i maestri, che tu ti scegli (o che qualcuno può, questo sì, indicarti). Se tu prendi un paragrafo del tuo scrittore preferito e lo ribatti con la tastiera, tu in quel momento, almeno a livello materiale e “meccanico”, SEI LUI, tu in quel momento impari come lavora, come ha lavorato, lui. Quel paragrafo verrà fuori esattamente uguale (compreso il tipo di carattere e l’ampiezza dei margini, con la scelta che offre oggi word). Cosa che ovviamente è impossibile fare interagendo col risultato finale di un cd registrato in studio, o con un quadro, o con una scultura. La scrittura, le parole, le lettere dell’alfabeto, ti permettono, se vuoi e se ne sei in grado, (anche senza riscrivere come nel mio esempio, anche solo LEGGENDO) di ripercorrere la creazione dell’opera, e quindi di imparare. Se non impari da solo, vuol dire o che non hai talento o che non leggi abbastanza, o che leggi schifezze.
    Il fatto che il procedimento sembri così semplice, e al tempo stesso si riveli praticamente IMPOSSIBILE, dà poi la misura della terrificante profondità richiesta dallo Scrivere: materiale e procedure alla portata di tutti, eppure usate come si deve da poche decine di esseri umani nel mondo (l’Arte, per fortuna, è e sempre sarà la cosa meno democratica ed egualitaria che ci sia).
    Parlare di “tecniche” mi fa abbastanza ridere, e in qualche caso mi irrita. È come se gli scrittori volessero insegnare ai non scrittori a fingersi scrittori per poi fargli concorrenza (e in un paese non meritocratico come il nostro tale concorrenza potrà rivelarsi oltretutto devastante ), sussurrando nell’orecchio cinque o sei trucchettini a pagamento. A che scopo? Mi sa al tempo stesso di assurdo e di autolesionistico. Ognuno è libero di scrivere per passione, ma per farlo non serve affinare o scopiazzare tecniche. Diventare scrittori non è obbligatorio, e diventarlo TUTTI non è auspicabile (vecchia storia: un mondo in cui parlano tutti è un mondo in cui non parla nessuno). E in un paese come il nostro in cui gli scrittori (o presunti tali) sono più numerosi dei lettori (altrove ho fatto l’esempio di uno stadio di San Siro stracolmo: 80.000 CALCIATORI in maglietta e pantaloncini sugli spalti, e 22 TIFOSI PAGANTI in campo!) ha senso creare schiere di nuovi scrittori più o meno artificiali e “da laboratorio”? Forse sarebbe il caso di creare dei Lettori, o di clonare quei pochi buoni lettori esistenti.
    Ma chi si iscrive a un corso di LETTURA, che non asseconda sogni e non solletica malriposte ambizioni?

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    1. Paolo Zardi ha detto:

      La pensavo anch’io come te.
      Poi ho visto mia madre, che da qualche anno sta seguendo un corso di pittura. Non è diventata Van Gogh (il talento non si può insegnare) ma ora dipinge con grande soddisfazione – sua, e di chi riceve i suoi piccoli quadretti per Natale. Non sono più le croste che la intristivano: ora sono quadri “veri”, a cui forse manca il genio ma che hanno una grandissima dignità.
      Non solo: quei 22 giocatori pagati per stare in campo non si sono svegliati una mattina scoprendo. improvvisamente, di essere bravi a giocare. Hanno faticato, hanno ricevuto consigli, sono stati corretti da qualcuno che, magari, aveva meno talento di loro, ma sicuramente più esperienza. E sai anche tu che il gioco del pallone, o qualsiasi altra forma di divertimento, non è un’esclusiva riservata solo ai migliori… L’arte non è democratica; la scrittura, invece, sì.
      La mia idea è quella del confronto: mettere delle persone che scrivono di fronte a qualcuno che li legge seriamente, e che si sforza di indicare cosa si potrebbe migliorare, e cosa funziona.

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  14. Zio Scriba ha detto:

    Entrambi abbiamo detto che la pittura (e la musica, e la scultura) richiedono rigoroso addestramento tecnico, mentre la scrittura è una cosa diversa (al tempo stesso più elementare e più difficile), ma ne abbiamo tratto conclusioni opposte. 🙂
    L’esempio (paradossale) di calciatori e tifosi era solo per dare l’idea della sproporzione fra il numero dei creatori di opere e del pubblico di fruitori, ma non aveva nulla a che fare col cosiddetto “nascere imparati”.
    Però a volte è bello (e stimolante, e divertente) anche pensarla in modo diverso.

    Ti abbraccio con affetto.

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    1. Paolo Zardi ha detto:

      Caro Nicola, è sempre bello, e stimolante e divertente, pensarla in modo diverso: che orrore un mondo di echi!
      Sotto, però, credo che la pensiamo quasi allo stesso modo. Si tratta di definire bene il perimetro del corso, i suoi obiettivi… Quando ho inviato “Antropometria” alla Neo (il manoscritto allora si chiamava “Ai tempi del nulla”), avevo una scarsa consapevolezza di quello che scrivevo: il confronto mi ha definito, e mi ha aiutato a crescere. C’erano venticinque racconti, ne sono stati scartati tredici, ne ho aggiunti quattro e su quelli ci siamo ancora confrontati. Su “Il giorno che diventammo umani” (che all’inizio si chiamava “Tra l’amore e il dolore”) il lavoro è stato un decimo. C’è una fase di scrittura, e c’è una fase di confronto – l’importante è mantenere questo ordine! 😉
      Ricambio il tuo abbraccio con lo stesso affetto.

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  15. Zio Scriba ha detto:

    Sì, penso anch’io che il confronto ci renda fecondi e fertili e ci migliori. (Anche se io, dannato eremita, continuo a intenderlo più come confronto a distanza, a tu per tu ma per mezzo del testo scritto, sia esso il romanzo di un grande scrittore o la mail di un grande amico, e non sotto forma di altri dieci compagni di classe magari meno bravi di te ma che fanno a brandelli un tuo racconto perché lo trovano troppo strano e non riescono a capirlo, e fanno i petulanti perché a un corso precedente gli hanno insegnato un paio di “tecniche” che tu ignori…)
    Sì, in fondo credo anch’io che la pensiamo allo stesso modo, e di diverso abbiamo forse solo l’indole e il carattere (preferisco il tuo… :))
    Tu stesso in una risposta hai detto di voler “offrire qualcosa di diverso da un corso di scrittura”.
    Posso allora riassumere le mie precedenti pappardelle dicendo che odio, e sempre odierò, “quelle robe lì”, mentre guardo con simpatia e con amore (sulla fiducia!) alla tua iniziativa. E che il me stesso ragazzo già muore d’invidia per quei ragazzi che avranno la fortuna di parteciparvi!

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  16. Sabrina Biagioli ha detto:

    Credo sia una bel progetto, quello che proponi. E credo anche che funzioni un po’ come il teatro. Io ai miei allievi ho sempre detto (e ripetuto fino allo sfinimento, il mio ma soprattutto il loro..) che non potrò mai insegnar loro “a recitare”, nessuno può farlo. Quello, o “ce l’hai, o non ce l’hai”. Semplicemente e crudelmente, se vogliamo. Ma posso insegnare e trasmettere tutti gli strumenti di cui un attore ha bisogno per salire su quel palco e fare il proprio mestiere.
    Che è un bellissimo mestiere, ma che al di là della tecnica (che si impara e che serve) non è per tutti.

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