
Ho iniziato a scrivere il 5 giugno del 2006, aprendo un blog. Fino a quel momento, avevo scribacchiato qualcosa, a caso: l’inizio di un romanzo (che non trovo più), qualche racconto, poesie, e, tornando indietro nel tempo, bozze di qualcosa, imitazioni di altri autori, esperimenti. Da ragazzo pensavo che mi sarebbe piaciuto diventare uno scrittore, anche se, a dire il vero, sognavo di più una carriera da regista. Intorno ai vent’anni, ci ho rinunciato; intorno ai venticinque, però, pensavo ancora che con un po’ di impegno avrei potuto scrivere un libro alla Grisham, un thriller ambientato nel mondo dell’ingegneria – le mie idee giravano tutte intorno a un sistema di analisi dati che, applicato a un certo settore (non ricordo quale), avrebbe permesso a un brillante e ingenuo studente di scoprire un un affare piuttosto losco: seguivano sparatorie, agguati, rapimenti. Mi sono fermato a pagina 3.
Dal 2006, grazie al blog, ho preso a scrivere con più continuità. C’erano persone sconosciute che mi leggevano, e che io leggevo. C’erano i commenti, i suggerimenti, gli incoraggiamenti. Ma, ancora, non avevo nessun obiettivo, se non quello di crearmi un discreto passatempo con il quale rendere meno noiosi i miei viaggi in treno. Nel giro di poco tempo, però, scrivere è diventata la mia unica attività oltre al lavoro e alla famiglia. Ogni evento della mia vita si trasformava in una storia: i casuali compagni di viaggio, gli uffici di un cliente, le piccole cose che mi erano successe da ragazzo, un articolo di giornale, il brano di un libro, la voce di un’enciclopedia. Credo di non essere mai stato tanto ricettivo, nei confronti del mondo, e lucido, nella scrittura, ed entusiasta, verso le parole, come negli anni tra il 2007 e il 2010. Tutto veniva trasformato in un post.
Poi, la prima pubblicazione, nel maggio del 2008, un racconto in un’antologia curata dalla Belloni; l’incontro con la Neo Edizioni – la prima volta che ci siamo visti avevano un catalogo di tre libri – e l’amicizia con Francesco Coscioni e Angelo Biasella; la prima raccolta “Antropometria”; il ritorno a Giulia Belloni per “La felicità esiste”; gli altri racconti de “Il giorno che diventammo umani”, il racconto lungo “Il signor Bovary” con Intermezzi; racconti sparsi in varie raccolte; e quindi “XXI secolo”.

Ph.Massimo Pinca
“XXI secolo” l’ho scritto pensando alla Neo. Volevo uscire con loro. Volevo che fossero contenti del libro che preparavo per loro. E’ stata una piccola dichiarazione di amore nei loro confronti, un modo di dire che era la Neo la “mia” casa editrice. Quando mi hanno detto di sì, ci abbiamo lavorato diversi mesi. Il confronto è stato abbastanza teso. A un certo punto, Angelo mi ha scritto: “Scusami, Pabloz, non era mia intenzione umiliarti. Non consideriamo tutte le mie proposte di modifica, e ripartiamo da zero”. Ci sono stati momenti in cui mi sono sentito ferito. Ricordo il pugno sbattuto sul tavolo (il tavolo di vetro di un bed and breakfast in zona San Lorenzo, nel quale ho passato tre giorni alla settimana per tutto l’autunno) quando, tra le mille cose, Angelo mi chiedeva di modificare “Cina” con “Giappone” in uno dei paragrafi con le notizie inventate sul mondo: che senso aveva quella richiesta? E ricordo il dispiacere quando mi chiese di abbandonare l’idea, presente nel mio manoscritto, di scrivere il nome del paese natale di Eleonore in modo diverso ogni volta che veniva pronunciato. Ma per quanto mi facessero male le sue innumerevoli segnalazioni, sapeva che aveva ragione lui. Mi è capitato, qualche volta, di intercettare qualche scambio di pareri tra autori ed editor, e ogni volta mi sono trovato d’accordo con il secondo. Perché per me doveva essere diverso? Solo perché in questo caso l’autore ero io?
A gennaio del 2015, l’accelerazione. Dovevamo chiudere il libro in tempi stretti. E non dovevano esserci errori di nessun tipo. Un lavoro certosino, paziente, tremendo. Poi le copertine con Coscioni e Toni Alfano: la prima idea iniziale, le sue elaborazioni, la decisione di ripartire da zero, fino alla copertina definitiva. A febbraio, mi spiegano il motivo di tanta fretta. Vogliono provare a presentare il libro allo Strega, deve uscire entro il 30 marzo. Quando me l’hanno detto, ho sorriso. Se avessi dovuto scommettere sulle possibilità di riuscita di questo progetto, non avrei tirato fuori più di un euro. Un sabato mattina, mentre sono all’Alì a fare la spesa, mi scrive Francesca Fiorletta, una ragazza che avevo avuto modo di conoscere a Roma, a qualche presentazione, dicendomi che la Neo le aveva chiesto di diventare il loro ufficio stampa. Bello! ho pensato. Poi, una domenica pomeriggio, mi scrive Angelo. “Siamo candidati allo Strega! Non dirlo a nessuno. Ora inizio a ubriacarmi”. Non mi era chiaro come funzionava, in concreto, la candidatura. Mi sono studiato le regole. Gli “amici della domenica”, la giuria dello Strega, formata da più di quattrocento persone appartenenti al mondo della cultura, possono candidare un libro; la candidatura va in porto solo se almeno due di questi giurati convergono verso lo stesso nome. “XXI secolo” è stato proposto da Giancarlo De Cataldo e da Valeria Parrella, verso i quali provo un sentimento di grande riconoscenza. Ai primi di aprile è uscita la lista ufficiale dei ventisei candidati. Il libro è stato rivestito di una fascetta gialla. Sono iniziate le prime presentazioni, le prime interviste.
Il 16 aprile, il primo passaggio: la fondazione, presieduta da Tullio De Mauro, avrebbe scelto la dozzina, i dodici finalisti. Ho iniziato a emozionarmi intorno alle tre del pomeriggio di quel giorno. Nei giorni precedenti avevo intuito che, entrando nella dozzina, gli impegni legati alla promozione sarebbero diventati molto più pressanti e sotto sotto ho iniziato a sperare di non passare… Ma il 16 aprile, di colpo, a poche ore dalla comunicazione ufficiale, ho realizzato che sarebbe stato bello proseguire: che sarebbe stato divertente. Così ho iniziato a sbirciare il sito della fondazione, a navigare su Twitter e Facebook ma alle cinque della sera non ce l’ho più fatta, ho preso la bicicletta e sono andato alla festa di compleanno di un amico di mio figlio, in un parco. Là ho bevuto un po’ di Strega con gli amici Massimo e Valeria. Sono tornato a casa. Apro la porta, e mi arriva un messaggio da Renato: “Congratulazioni!”. E’ così che ho scoperto che “XXI secolo” era entrato nella dozzina. Ho chiamato Coscioni che non sapeva nulla. Ha controllato. Ha verificato. E poi ha iniziato a ridere, e a gridare, e poi a ridere ancora. Guagliò, mi diceva, non ci posso credere!
Dopo qualche minuto, è iniziata la valanga di mail, messaggi, e post su Facebook. Intorno alle sette e mezza, in cucina, davanti al forno, ho iniziato a piangere, a singhiozzare. Non era per lo Strega – il passaggio mi rendeva felice, ma non mi commuoveva. Era per l’affetto che mi aveva travolto. Inimmaginabile. Durante la notte, Francesco e Angelo hanno continuato a brindare, a Pescara; e io a leggere messaggi. L’ultimo, il più affettuoso, è stato il loro.

Poi, il turbinio di impegni ha iniziato veramente a turbinare. A Benevento per la presentazione ufficiale in teatro, seguita da una cena negli stabilimenti dello Strega. Le tre presentazioni in 24 ore al Salone del Libro di Torino, la tappa a Modena per l’incontro con i ragazzi che compongono la giuria dello Strega giovani – stessi finalisti, altri votanti – il cui responso ci è stato comunicato l’altro ieri, alla Camera dei Deputati, a Montecitorio, dall’onorevole Laura Boldrini. Ha vinto Fabio Genovesi, una delle persone più belle tra quelle incontrate negli ultimi mesi… Che fatica, però! E’ bello avere la possibilità di presentare il proprio libro, ma non pensavo che sarebbe stato così pesante conciliare quella vita con il mio lavoro. Certe mattine mi sveglio con il cuore in gola, per l’angoscia di non riuscire a stare dietro a tutto.

E questa sera ci sarà il penultimo atto di questo premio: da dodici, i finalisti diventeranno cinque. Il 2 luglio, infine, verrà proclamato il vincitore. Credo sia proprio questo il momento di tirare le somme, a un passo dall’ultima tappa. Le probabilità che “XXI secolo” entri nella cinquina sono piuttosto basse: è stato senza dubbio il libro più social tra tutti, ma non è su Facebook o su Twitter che si vota. Mi dispiacerà non passare? Un po’, certo. Ma credo che comunque il percorso di questo libro sia stato bellissimo e inaspettato, soprattutto per il calore immenso che sta accompagnando questa nostra avventura. Per una grande casa editrice lo Strega presenta poche sorprese, se non il giorno della premiazione. E’ un po’ come i mondiali di calcio per la Germania: in qualche modo arrivano sempre almeno ai quarti; ma per noi, già la candidatura era fantascienza. E dopo? Cosa è cambiato? Cosa cambierà? Quanto durerà questo interesse per il libro e per le cose che ho da dire? Qualcuno mi dice: vedrai, inizieranno a chiamarti le grandi case editrici… Davvero funziona così? Ma soprattutto: davvero è quello che vorrei? L’altra sera, al Monk, a Roma, alla festa per lo Strega Giovani, in un’atmosfera da ballo delle debuttanti, io, Francesco, Angelo e Francesca eravamo seduti attorno a un tavolino a mangiare panini e a bere birra e gin tonic, parlando di libri, cercando di ricordare le parole di vecchie canzoni di Capossela (o era Cremonini?), e c’era qualcosa di magico, là in mezzo, un’alchimia naturale, quella cosa che qualcuno chiama “luccicanza”. Certo, piccola editoria, pochi soldi, distribuzione scarsotta, i giornalisti dei quotidiani che non ti si filano… Eppure, non avrei fatto cambio con nessun altro tavolo. Mi sentivo al posto giusto.
E come cambierà il mio rapporto con la scrittura? A volte penso che l’entusiasmo iniziale, quello che avevo cinque o sei anni fa, si sia esaurito: faccio sempre più fatica a scrivere qualcosa, e i viaggi in treno mi sembrano sempre più lunghi. Se finirà, me ne farò una ragione. D’altra parte, non ho iniziato a scrivere pensando di diventare uno scrittore: avevo qualcosa da dire, e credo di averla detta.
Eraclito: tutto scorre. Scorreranno via anche questi giorni un po’ magici e folli, ma rimarranno alcune bottiglie vuote di Strega, rimarranno le parole che sono state scritte, e rimarrà, sopra a tutto, il ricordo dell’immenso affetto ricevuto. Grazie, grazie, grazie!
Complimenti per il risultato, ed in bocca al lupo per ciò che verrà!
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Grazie! 🙂
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mi associo alle parole di gaber.
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tra i messaggi te ne arrivo’ uno da una sconosciuta, ero io. In bocca al lupo caro pablito. 🙂
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grazie cara Firdis!
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L’ha ribloggato su Pittura e scrittura – Giuse Iannelloe ha commentato:
Pensieri e parole di Paolo Zardi, finalista allo Strega
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Meravigliosa la vita! Splendido racconto. Gran bel romanzo. Tanti meritati complimenti e un grosso in bocca al lupo.
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Grande Pabloz, anche se sono lontano ti seguo con affetto. Troverò il modo di ottenee una copia di XXI secolo. Suerte mi hermano!
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zardi che ne dici di andare oltre la pag 3 ? mi ispira 🙂 e poi ricordati che hai promesso che prima o poi scriverai un libro di fiabe ne !
wood
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Il Premio Strega ha per me sapore d’infanzia e di casa.
Ha il colore del liquore della mia terra, della mia città. Ho seguito il tuo percorso per tutti questi mesi e anche se non ho commentato spesso, ho parlato di te e dei tuoi libri sul mio blog. Di tutto quello che le tue parole sono riuscite a suscitare in me, e di quello che porteranno, ancora.
In bocca al lupo.
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Stupendo e vero questo post, ho quasi timore di rovinarlo commentando, bello e impossibile che un blogger sia arrivato così in alto… sei uno di noi 😉
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Paolo Zardi ha una voce potente, ammaliante, lucida, ipnotica, cattiva e sporca quando scrive. Se Paolo Zardi non scrivesse più, verrei a morderlo alle caviglie, perché voglio leggerne ancora e poi potergli rompere le palle se non dà il meglio, come per altro ho già fatto 😀
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Complimenti! Mi associo anche a ciò che hanno già detto gli altri!
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