Masterchef

antonino-cannavacciuolo-giovane-1-800x599Siamo abituati a criticare ciò che non conosciamo, soprattutto se si tratta di qualcosa che ha successo. Capita spesso anche a me, sebbene debba ammettere che con il passare degli anni sto diventanto meno severo nei confronti del mondo. Mi sono reso conto che qualche volta prendevo posizione per sentirmi schierato dalla parte di quelli che sanno cosa è bello o brutto, cosa è giusto e cosa non lo è.

Masterchef rientra senza dubbio tra le trasmissioni da criticare. Ha tutto quello che le serve per diventare un facile bersaglio: si parla di cibo (argomento abbastanza volgare in un mondo in cui c’è gente che muore di fame), i giudici si comportano come il sergente di Full Metal Jacket, i concorrenti si affannano sulle pignatte come se fosse questione di vita e di morte, è un reality (quindi è male per definizione), non è culturale, Cracco si atteggia da rockstar, ecc ecc. Fino a poco tempo fa, la mia unica esperienza con Masterchef risaliva al 2014, al Salone del Libro di Torino, dove il bellissimo teatro progettato da Renzo Piano era stato utilizzato per la presentazione di due libri scritti dai giudici Cracco e Barbieri: conoscevo il primo per la sua pubblicità delle patatine, mentre non avevo mai visto il secondo (che allora, a essere sincero, non mi aveva fatto una cattiva impressione, anzi…). Comunque, dopo dieci minuti di presentazione, me ne ero andato mostrando una sarcastica indignazione. All’uscita del teatro, alcune groupies dei due cuochi, in coda da non so quanto tempo, mi hanno ringraziato per aver lasciato un posto libero per loro.

cracco-giovaneMa da meno di due mesi ho iniziato a seguire questa trasmissione. All’inizio, per caso, o forse per potermi indignare un altro pochino, con un po’ di cognizione di causa – è un passatempo divertente, tutto sommato. Ora, invece, mi assicuro di non prendere alcun appuntamento il giovedì sera, per non correre il rischio di perdere una puntata. Qualche settimana fa, e lo dico con una punta di vergogna, ho rinunciato a una performance poetica del grande Alessandro Burbank – non ricordo che scusa avevo addotto, ma la verità è che non volevo perdermi Masterchef.
Per chi non lo segue: sono rimasti sei concorrenti dei venti che c’erano all’inizio. Mancano tre puntate. Probabilmente, sarà una lotta dura, ma se ci penso, non ho alcun interesse circa il risultato finale – non c’è un tizio o una tizia per cui tifo (anche se sotto sotto spero che vinca Michele). Il mio unico dispiacere è che dovrò aspettare un altro anno per vedere la nuova serie.
Perché Masterchef è fatto dannatamente bene. Non so chi siano gli autori che ci stanno dietro, ma sanno come si costruiscono le storie, gli intrecci, i colpi di scena. Non c’è alcuna pretesa di realismo: sappiamo che il vincitore è stato proclamato, in segreto, diversi mesi fa, e che quello che stiamo vedendo è un montaggio costruito a posteriori, per garantire che un programma in cui i protagonisti sono degli aspiranti cuochi funzioni nel modo giusto. Mi diverto a scorgere gli indizi piazzati nel corso delle manche per rendere sostenibile la successiva eliminazione: come in un film poliziesco, vogliamo che la rivelazione del colpevole sia allo stesso tempo una sorpresa e una logica conseguenza di quanto è successo fino a quel momento.
I quattro giudici sono caratterizzati in modo perfetto. A differenza di altri reality, non litigano mai tra di loro, non parteggiano per qualcuno, non si insultano: preferiscono stuzzicarsi con ironia, tra una gara e l’altra. Non sono persone realie: direi, piuttosto, che recitano come se fossero a teatro. Tutto è rappresentazione e finzione.

bruno-barbieri-da-giovaneE qual è lo spettacolo che va in scena? E’ una sfida in cui alcuni perdono e altri vincono; dove il talento viene premiato, la perseveranza elogiata, e la sconfitta rientra tra i possibili esiti. I concorrenti non guardano verso il pubblico cercando di conquistarlo – a differenza di quanto accade in altre trasmissioni di questo tipo, non è previsto il voto da casa. Il giudizio è espresso dai quattro “conduttori” e sempre in modo unanime: da Barbieri, che è lo chef italiano con più stelle Michelin, da Bastianich, che ha 11 ristoranti di successo nel mondo, da Cracco, considerato l’erede di Gualtiero Marchesi, e da Canavacciuolo, da molti ritenuto l’astro nascente della cucina. E’ la crema della cucina italiana (anche Bastianich, che pure è di New York, in qualche modo lo è) – di una cucina che a sua volta rappresenta il top nel mondo. Il loro talento è pacificamente riconosciuto. Nell’evoluzione della trama, non ci sono giochi nascosti o tradimenti. I concorrenti cucinano, gli chef giudicano, i meno bravi se ne vanno, quelli più in gamba vanno avanti. Tutti hanno un sogno, che è piccolo, modesto, umano: cucinare bene, e vivere di quello. Ogni tanto, per animare la cosa, i giudici si arrabbiano, ma non ho mai avuto l’impressione che si sia mancato di rispetto ai concorrenti. Sembra di essere a scuola, ecco. E sotto c’è il tentativo di far passare un messaggio che non mi dispiace: per raggiungere un risultato a cui tieni devi impegnarti tanto. In un paese allergico al merito, Masterchef appare come una curiosa eccezione.

carlo_cracco_joe_bastianich_masterchef-520x388Sicuramente leggere un libro di Joyce. o studiare un saggio di Weber, è meglio che guardare Masterchef; ma guardare Masterchef è infinitamente meglio che gongolarsi criticandolo senza averlo mai visto. E’ un programma che diverte senza essere volgare. Ha il ritmo che manca in tanti romanzi che sembrano aver dimenticato che l’intrattenimento deve seguire regole molto rigorose. Instilla la voglia di fare le cose per bene, con cura e attenzione. Dà dignità a una professione, quella del cuoco, che esiste da millenni. E alla fine, forse insegna qualcosa sulla più dimenticata delle virtù: l’umiltà.

7 commenti Aggiungi il tuo

  1. Simone ha detto:

    Niente è più necessario del superfluo
    (Oscar Wilde)

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    1. Paolo Zardi ha detto:

      Centrato il nocciolo della questione! Grande! 🙂

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  2. ilkalu ha detto:

    Una nota: Masterchef è un “Talent show” non un “Reality show”. Lì secondo me ci sta buona parte della differenza. Il grande fratello presenta persone che stanno lì a fare niente in una giornata qualunque. Masterchef presenta delle sfide e delle prove che bisogna impegnarsi per superare. E’ l’unico Talent che seguo, ma credo che Amici o X Factor siano una cosa simile però sul mondo della Musica/Danza/Arte.

    A volte queste sfide sono un po’ falsate, in Masterchef. in questa edizione Gloria ad un “Pressure test” tra le prime puntate fece un piatto impresentabile (Uova all’occhio di bue e patatine fritte) , ma non la eliminarono perché è oggettivamente brava (anche l’altro concorrente non aveva fatto gran ché, ma lei era peggio) e il programma avrebbe perso un elemento valido per tenere alti gli ascolti.

    Il montaggio è fatto molto bene, talmente bene che ti accorgi che ti fanno vedere e ti evidenziano quello che vogliono loro. Adesso ad esempio intercalano molto con le uscite di Gloria molto velenose. Creano una tensione e la voglia di continuare a seguirlo.

    ps: No spoiler che non ho ancora visto la puntata di ieri 🙂

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    1. Paolo Zardi ha detto:

      Ok, la distinzione tra talent show e reality show mi pare importante, e non ne avevo tenuto conto…. Però ricordo di aver visto, una quindicina di anni fa, qualche puntata di amici e mi sembrava che l’obiettivo dei giudici fosse quello di animare la trasmissione insultandosi tra loro. Qui, fortunatamente, non succede.
      Sull’eliminazione dei concorrenti, sì, ahch’io ho l’impressione che conti più il curriculum e le potenzialità che le singole prove – come forse è giusto che sia. Ti dirò di più: in un intervista a Bastianich, alla domanda “come fate a essere sempre d’accordo” aveva risposto “perché quando non siamo d’accordo, decidono gli autori”. E’ evidente che noi giudichiamo sulla base delle informazioni che ci vengono passate a posteriori, e questo rende sempre ben accetto il giudizio…
      E sullo spoiler, ok, mi trattengo, a fatica! 🙂

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  3. A me ha fatto venire la voglia di cucinare e non solo mangiare

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