Questo blog ogni tanto va in letargo, e sono contento che si risvegli dal suo sonno con un racconto breve di Enrico Gregorio. Come ci siamo conosciuti? Via Internet, come ormai accade per il 90% delle mie nuove conoscenze. Ci siamo confrontati su libri e letture, ci siamo letti a vicenda. Tempo fa mi aveva raccontato del percorso che stava seguendo, che (non vorrei mettergli in bocca parole che non ha detto: qui sto descrivendo quello che ho capito io) si era orientato verso una particolare forma di racconto, quella degli sketch. Prima di condividere Nuvole di passaggio gli ho chiesto se voleva darmi una breve descrizione di cosa si intende, per sketch, e mi pare che inserire qui la sua risposta aggiunga qualcosa a questa proposta.
Enrico Gregorio: Sketch, bozzetti, prose brevi o flash-fiction sono tutti i nomi che vengono dati a quelle forme più o meno narrative al di sotto del racconto. Per certi versi, ma non sempre (dipende delle epoche), questo genere di scritti hanno trovato diffusione sui giornali, nella terza pagina oppure sulle riviste umoristiche e satiriche. Dovendo fornire sempre nuovo materiale, in tempi brevi e in spazi ridotti, per riempire una pagina con un trafiletto o con un commento mordace si è fatto ricorso a queste forme brevi. Tra gli autori fioriti sui giornali, attenti osservatori della società consiglierei Alfred Polgar, viennese, di cui in italia è stata pubblicata l’antologia Piccole storie senza morale, e Leo Longanesi, in particolare il diario Parliamo dell’Elefante. Alfred Polgar ha davvero tutto dei grandi autori: stile, sensibilità umana, inventiva eppure non ha mai scritto un romanzo.
E’ una forma di racconto che mi interessa, che mi tenta – un genere molto più difficile di quello che può sembrare a prima vista. Se il romanzo è una sinfonia, lo sketch non raggiunge le dimensioni e la struttura della sonata. La sua forza sta più nell’allusione che nell’esposizione.
La foto che accompagna il post è dell’autore. Buona lettura!
Nuvole di passaggio
di Enrico Gregorio
E’ il primo maggio, festa dei lavoratori, quale occasione migliore per un acquazzone. Saltano pic-nic e carne alla brace, per una volta che si poteva dormire ci si sveglia presto senza alcuno scopo: la giornata inizia già male.
Nonostante la pioggia in via Roma un corteo riempie la strada. Fumogeni rossi, cartelloni e slogan. Una nuvola rossa si alza esuberante. Un uomo col megafono scandisce le parole, gli scioperanti battono su dei tamburi improvvisati, allo stesso ritmo marziale e sciamanico; le loro mantelline di plastica sono bagnate e lucide, dopo una lunga strada arzigogolata di curve e insenature le gocce corrono sui bordi dei baveri, strisciando sui bordi e si tuffano dove non dovrebbero: dentro i polsini, dietro il collo, dentro le scarpe.
Ci sono striscioni, cartelloni con foto di politici; si intravede qualche scritta divertente. Da sotto i portici i turisti seguono curiosi. Ne scorgono gli aspetti folkloristici, come fosse una processione religiosa; scattano foto e commentano, formulando mentalmente aforismi sulla superstizione. Sono venuti qui con treni, aerei, taxi, autobus per vedere affreschi e castelli; e ora fanno foto a un corteo sindacale. Si aspettano un qualche climax che non arriva e dopo un po’ se ne vanno delusi.
I musei sono gratuiti, affollati di turisti, famiglie in trasferta e coppie. E’ un momento di
partecipazione famigliare, padri e figli osservano assieme piccoli capolavori sconosciuti concedendo:” però erano già in gamba anche allora”.
Alberto e Martina, hanno visitato la pinacoteca e all’uscita, Alberto non trova più il suo ombrello. L’aveva lasciato nel mucchio formato dagli ombrelli di tutti i visitatori, al momento di entrare.
“Ah perfetto” dice a Martina “ecco una bella giornata rovinata”.
“Il mio c’è” risponde lei, prendendolo in mano.
Ce ne sono tantissimi, tutti mischiati. Alberto passata la sorpresa ha un pensiero indegno: potrebbe prenderne uno; il guardiano non se ne accorgerebbe: sta giocando col cellulare.
“Ma no dai, per cinque euro, li vendono lì fuori” gli dice Martina. Nel giardino, all’esterno, un vucumprà ciondola con un borsone blu a tracolla, pieno di ombrelli impacchettati nella plastica trasparente.
Alberto è titubante.
“Fa come vuoi, io ti aspetto fuori. Non voglio essere complice. Poi scusa, siamo i primi a lamentarci se le cose non vanno”. Sembra scherzare ma neanche tanto; e esce.
Alberto, confuso, cerca di convincersi, usando ogni sua risorsa mentale.
“Se ne prendo un altro, qualcuno rimarrà senza. Se non lo prendo, nessuno rimarrà senza e spezzerò una catena di ingiustizia”.
Esce più contento, convinto, come molti suoi connazionali, di aver fatto un gesto nobile per essersi comportato normalmente.
Fuori Martina gli sorride, e si baciano. “Bravo”.
Comitive di arzilli pensionati entrano e escono dalla pinacoteca al seguito di guide sbrigative. In un angolo un’impiegata chiacchera spiegazzando un angolo del badge di plastica appeso al collo.
Una donna con i due figli, è all’uscita, nell’androne della pinacoteca.
“Mamma ci hanno preso l’ombrello”.
“Ah lo sapevo!”
Guarda verso il guardiano, impegnato a fare un numero prestigio con le carte a due avvenenti turiste tedesche.
“Dai Marco prendine uno”.
“Ma non si può”.
“A noi l’han preso, svelto”
Marco ne prende uno.
“Mamma se Marco ne prende uno, lo voglio anche io”.
“Va bene ma fai svelto”.
Escono nel giardino davanti alla pinacoteca, camminando sul fondo di ghiaia reso molle dall’acqua.
“Han solo da vigilare di più. Mamma non spende cinque euro per un ombrello”.
Cammina tenendo per mano i due bambini. Poco più in là c’è il venditore di ombrelli, lo guarda. “Poveri sti ragazzi, chissà di cosa vivono”.
Nel tardo pomeriggio smette di piovere.
Enrico Gregorio è nato nel 1989 e vive a Cuneo.
Complimenti per questo “sketch”, anche se non ho ben chiaro come si faccia a scriverlo. Se penso alla parola”sketch” penso a quelli televisivi, sia nella pubblicità ai tempi di carosello (ora non vedo molta trama in alcuni spot), oppure nelle gag televise (Vianello e Tognazzi, Bice Valori e Paolo Panelli, per capirci.) Bravo!
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L’intenzione è buona, lo spunto interessante, ma la scrittura è da principiante. Il bozzetto non è solo “qualcosa di più corto”, la concentrazione per essere atomica deve anche essere radioattiva. Parla, ma non dice niente: scrittore alle prime armi, Gregorio.
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