Apocalypse Sondrio

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Continuo con il recupero di miei vecchi post ormai estinti, risvegliato, anche in questo caso, dai ricordi valtellinesi indotti dagli “stati” di FB del grande Guido Hauser, di Sondrio.
Questo qui sotto era stato scritto un po’ per ridere, come esercizio di stile – la situazione non era così drammatica, ma va detto, a distanza di tanti anni, che certe dinamiche lavorative si sono ripresentate, e continuano a ripresentarsi, in ogni progetto (proprio ieri al bar io e un collega abbiamo ammesso che forse non siamo davvero tagliati per questo lavoro – alcuni aspetti inseparabili dalla nostra attività ci logorano oltre ogni possibilità di salvezza). Allora, però, viaggiavo molto e come aveva ben intuito il compianto Bruce Chatwin, la scrittura e il viaggio vanno di pari passo – la prima nasce come diretta conseguenza del secondo. Ora che sono diventato più stanziale (ed è stata una scelta dettata dalla fatica che i viaggi lavorativi richiedono), registro un cambiamento importante anche nel mio desiderio di scrivere, e nel modo in cui lo faccio: allora c’erano una tensione, e un’ispirazione, che oggi non trovo più dentro di me. Rifletto anche sul cambiamento introdotto da Facebook: cose più brevi, meno strutturate, sotto il peso di una censura dai confini incerti, e però sempre presente, in modo quasi subliminale, alle cui regole ho finito per uniformarmi; e la presenza del mio nome e cognome finisce per imporre vincoli all’espressione – dal blog in cui era uscito questo post, era impossibile risalire alla mia identità, e alla realtà potevo aggiungere tutto quello che mancava.

Tra quindici minuti mi devo preparare per andare a prendere un collega alla stazione dei treni: arriva da Roma – taxi fino a Fiumicino + aereo per Milano + taxi per la stazione Centrale + treno per Sondrio. Alla fine, ci sono io – il suo autista, in questo caso.
Lo accolgo con emozione: qualcuno è venuto a trovarmi in questa terra di nessuno. Io sono l’avamposto in Valtellina della società per la quale lavoro, l’ultima stazione. Davanti a me, il buio, i selvaggi, il cuore di tenebra.
E questa sera andremo fuori a cena – cos’altro possiamo fare, qui a Sondrio? – e gli parlerò del lavoro che sto facendo. Lui farà come fanno i cittadini quando sentono parlare di storie di foreste equatoriali e tigri: commenterà fumando un sigaro da venti centimetri e sorseggiando un cognac su un bicchiere adeguato. Mi chiederà quali difficoltà ho trovato; io gli spiegherò della follia in cui vivo, dell’assedio al quale sono sottoposto quotidianamente. Di come abbiano promesso cose impossibili che ora il cliente si aspetta. Lui mi assicurerà l’invio di nuove risorse: “devi solo avere un po’ di pazienza”.

Pazienza un cazzo. E’ Apocalypse Sondrio, qui. E Kurtz, a me, mi fa una sega.

Mandate pure i vostri Marlow a vedere che aria tira, da queste parti: a vedere quale orrore. E ascoltateli voi, questi clienti sempre più esigenti, arginate voi le richieste e i problemi e i casini, e giustificate gli errori: prendetevi le vostre responsabilità.
In mezzo a queste montagne piene di nuvole, costretto ad ascoltare questo accento valtellinese che non sopporto più, io, qui, mi sono rotto le palle. Non voglio più passare le notti in una camera di albergo che fra poco ci mettono il campanello fuori con il mio nome. E neanche i pizzoccheri, li reggo più – il pasto degli astronauti in missione: un piatto basterebbe a tirare avanti un mese, o a sfamare il Burkina Faso – i tarozz e la bresaola, e lo sfursat e il sassella – vorrei mangiare un piatto di pasta con il pomodoro, con un bicchiere di Merlot: si potrà, prima o poi? Datemi la minestra di mia moglie. Datemi mia moglie.

E non ci sono Internet cafè – non ci sono neanche semplici cafè che siano aperti dopo le otto di sera. Il deserto dei Tartari, il Congo belga, il lato oscuro della Luna, con qualche pizzeria stile anni settanta e le 127 arancione parcheggiate fuori. Io qui non ho niente da fare, non ho riferimenti, non ho una storia, non ho ricordi, non ho amici, non ho la mia famiglia: sono fuori dal mondo. Neanche se lanciassi un bengala verrebbero a prendermi.
Venite a salvarmi,. Mandate gli elicotteri. Questa sera, voglio sentire la Cavalcata delle Valchirie in Valtellina.

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