Una poesia, se la si potesse raccontare in prosa, non sarebbe una poesia: per questo motivo è difficile, o ingiusto, scrivere una recensione di un libro che parla in versi. Perché non c’è modo di spiegare di cosa parla, senza rischiare di parlare di tutt’altro.
Quando ero più più giovane (so much younger than today…), mi ero appassionato di poesia. E siccome nel frattempo studiavo informatica a Ingegneria Elettronica (per quanto tempo scriverò le iniziali della mia facoltà in maiuscolo?), mi ero convinto che esistessero delle analogie tra la classificazione dei linguaggi di programmazione e la classificazione dei possibili generi letterari.
Analogia informatica
Dura solo dieci righe, questa analogia, e può essere saltata: il succo di questo post è dopo. In programmazione, un linguaggio è tanto più alto quanto più somiglia alla logica umana, e tanto più è indipendente dal ferro che dovrà eseguire le istruzioni. I linguaggi alti richiedono un’interpretazione (o una compilazione: non voglio però addentrarmi in questi dettagli) che trasforma parole con un senso compiuto (anche qualcosa come if (String.IsNullOrEmpty(sCodiceFiscale)) { MessageBox.Show(“Inserire il codice fiscale”) } else { writeToDb(sCodiceFiscale)} ha un senso compiuto, per qualche essere umano), in movimenti di elettroni che si spostano all’interno di piccoli wafer di silicio.
Il linguaggio C# (che si legge Si sharp), o il Java, sono linguaggi alti; il C++ (letto Si plas plas) medio; l’assembly, o linguaggio macchina, è al livello più basso di questa particolare scala: è quindi il più difficile da scrivere, il più difficile da leggere, ma, allo stesso tempo, e proprio per gli stessi motivi, è il più potente e il più veloce tra tutti i linguaggi.
Fine dell’analogia
La poesia è linguaggio macchina. La poesia non viene interpretata ma parla direttamente al nostro organismo, nella sua interezza – nella sua fisicità. Elude i controlli della ragione, sovverte i simboli e gli archetipi e le strutture consolidate del nostro linguaggio, e crea nuovi significati, dei quali non possiamo dire nulla con il linguaggio convenzionale. Ogni poesia è un nuovo linguaggio, e contiene (ovviamente) la sua stessa grammatica. Come tutti i nuovi linguaggi, il suo apprendimento richiede un po’ di pazienza; ma poi, come si dice, si apre un nuovo mondo.
Ma ho perso troppo tempo in chiacchiere. Ho, tra le mie mani, un libro delizioso, con una copertina invitante come un cioccolatino, che si chiama “Poesie antirughe“. L’ha scritto Alessandra Racca, giovane donna di Torino, e l’ha pubblicato Neo Edizioni. Lo apro, leggo qualcosa, chiudo, e lascio che le parole facciano quello che devono fare. Qualcuno diceva che tutti gli sport aspirano alla perfezione della boxe: non so se sia vero, ma di sicuro tutta la letteratura aspira a diventare poesia. Un romanzo ti insegna a vivere, un racconto ti emoziona, ma solo una poesia ti fa piangere, e ridere, e ancora piangere ridendo. E’ come la musica: sa commuovere con la sola forza della sua forma. Leggete una poesia a un bambino, e lo vedrete sorridere. Leggetela a un vecchio, e vi ringrazierà piangendo. Perché la poesia fa bene. Le poesie di Alessandra Racca fanno bene. E si dovrebbe avere il coraggio di tornare a leggere versi, così come si ascoltano le canzoni alla radio – con la stessa leggerezza, con la stessa apertura del cuore. Se è vero che siamo creature dotate di sentimenti, allora di questi sentimenti ci dobbiamo prendere cura, con amore. Li dobbiamo nutrire. Li dobbiamo coccolare. E la poesia offre il più grande strumento di piacere che la nostra anima conosca.
Ma ho di nuovo dimenticato che parlare di poesia non ha senso: le poesie si leggono, e basta. Allora apro “Poesie antirughe”, una pagina a caso, e leggo, e ancora una volta si compie il miracolo della commozione – quella semplice, profonda, ineludibile. La poesia si chiama “Natante”, e la scrivo qui, anche se WordPress a ogni a capo salta una riga bianca: l’originale è molto più bella da vedere.
Natante
Piove.
Mia madre piange
il suo non poter più essere figlia.
Io piango
il mio non esser madre.
Col mio essere figlia
faccio a pugni da tempo.
“Voi donne non siete
mai
contente e siete così enormemente
piene d’acqua”.
Le donne in questa stanza
son belle
forse non son mai contente,
a volte piangono ma
sanno consolare.
Prendo mia madre in braccio
benché non sia ancora vecchia,
benché non sia ancora il mio turno
d’esser madre di madre.
Piccola piccola madre mia
stasera vorrei cullare il tuo pianto.
Mia madre sorride acqua
dentro i suoi occhi.
Piove.
Non c’è nulla di più potente dell’acqua, sai?
Né fuoco, né vento, né terremoto.
E un tempo, si sa,
la vita prese ad agitarsi nell’acqua.
Piove e questa stanza è piena d’acqua:
io son quel piccolo feto
bambina
nuoterò tutto l’inverno
nascerò a primavera
prima uscirà acqua
poi me.
Non preoccupatevi quando piangerò.
Piangere serve per respirare.
—————————————–
Non è bello da scrivere, ma: compriamolo. Non è elegante da chiedere, ma: regaliamolo, adesso, a Natale. Costa 10 euro – come due pacchetti di Marlboro, o 6 litri di benzina. Cosa rimane di 6 litri di benzina? Neppure il ricordo. Riprendiamoci il piacere di leggere, e di regalare, poesia: ritroviamo l’importanza delle parole, di donarle alle persone alle quali vogliamo bene, di lasciarle accanto al comodino per i momenti in cui vogliamo sentire la bellezza di essere delle creature dotate di un cuore. Leggiamo Poesie antirughe: ne vale la pena.
ps La Neo Edizioni è alla fiera del libro “Più libri più liberi” di Roma, dal 7 al 10 dicembre 2011: magari beccate anche Alessandra Racca, e vi fate leggere una poesia!
e soprattutto: sabato 10 dicembre, alla libreria Altroquando di Roma, Alessandra Racca legge le sue poesie, alle ore 19.
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
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Ho apprezzato molto la parte che cita la differenza tra i linguaggi “interfaccia” e il “linguaggio macchina”, ehehehe!! 🙂
E mi ha sorpreso leggere che tu consideri la poesia come il linguaggio macchina…. avrei creduto di trovarla definita come linguaggio interfaccia, poichè è linguaggio “alto”, “aulico”. Io la penso così: proprio perchè la poesia prescinde dalle regole grammaticali e sintattiche (e dal rigore della riproduzione di un mondo fisico con regole di FERRO), essa è linguaggio “alto” perchè solletica l’intelligenza evoluta e non è apprezzabile dai robot, che la troverebbero semplicemente illogica.
Oopsss.. ho completamente ribaltato il tuo ragionamento… eppure il tuo ragionamento mi piace! E’ grave? 😉
P.S.: complimenti ad Alessandra!
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Proprio oggi sono stata costretta in qualità di “insegnante” a entrare nella logica analogica di una poesia di Ungaretti e a offrire, attraverso mie parole , una interpretazione passabile di immagini che vogliono solo silenzio intorno.
Ma la tipologia A degli esami di stato incombe, così il massacro del testo poetico è legittimato, diviene un “utile” esercizio di dissezione…
Forse bisognerebbe fare come te. Inventarsi una bellissima introduzione che si limiti a girare intorno, a corteggiare la poesia ( stupenda ) da leggere e deglutire parola, dopo parola.
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Bello, per un pigrone come me, trovare un commento precedente condivisibile in toto. La penso come Giacinta. Parola per parola.
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Bel post, belle analogie e la poesia è stupenda.
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